Area archeologica di Kamarina 2017-07-03T09:13:45+02:00

Area archeologica di Kamarina

Fra i più importanti siti archeologici della Sicilia vi è sicuramente Kamarina, una colonia fondata dai Siracusani agli inizi del VI secolo a.C. (598-597 a.C.) su un fertile promontorio delimitato dai fiumi Ippari e Oanis (oggi Rifriscolaro). Scopo del nuovo insediamento era creare uno sbocco lungo la rotta africana e frenare l’espansione verso sud di Gela, che appena diciotto anni dopo fonderà più a settentrione Agrigento (580 a.C.). Divenuta rapidamente florido centro agricolo e riferimento per i fiorenti traffici commerciali anche dei Siculi dell’entroterra ibleo, la colonia entrerà presto in conflitto con la città-madre.

Rifondata da Gela (492, 461 a.C.), Kamarina acquisisce nel corso del V secolo a.C. floridità e prestigio tali, anche in virtù dell’alleanza con Atene in funzione antisiracusana nella guerra del Peloponneso, da acquistare da Siracusa il lontano territorio di Morgantina (424 a.C.). Dopo essere stata sottoposta tra il 405 e il 393 a.C. al dominio punico, vive un altro momento di particolare prosperità alla fine del IV sec. a.C. sotto Timoleonte (339 a.C.) raggiungendo la sua massima espansione urbanistica. Ma già a partire dal III secolo a.C., presa dai Mamertini prima (275 a. C), poi dai Romani (258 a.C.), la città comincia a decadere: fortemente ridotta in dimensioni, sopravvive fino all’età augustea finché in età imperiale e tardoantica è sostituita dalla vicina Caucana come porto di collegamento con Malta e il nord Africa.

La zona più significativa è l’acropoli che, a differenza di altre zone, non viene mai abbandonata. L’epoca arabo-normanna è testimoniata da rinvenimenti ceramici e numismatici; molto probabilmente già in età bizantina i resti del tempio della principale divinità della città, Athena, circondati da sepolture, vengono inglobati nella chiesa dedicata alla Madonna di Cammarana riprodotta da J. P. Houel alla fine del ‘700. L’edificio cristiano, ricolmo degli ex-voto deposti da quanti riuscivano a sfuggire alla furia delle tempeste a cui la baia è di frequente sottoposta, viene distrutto da un incendio nel 1837. Quanto sopravvissuto del tempio è riutilizzato a fine ‘800 per la costruzione del baglio adibito alla produzione vitivinicola che oggi ospita il Museo.

Lunga vita conosce anche il porto-canale realizzato in età greca con interventi di adattamento della foce dell’Ippari. Fulcro di importanti traffici commerciali fino all’età romana, alimentati anche dalla produzione locale di un vino, il Mesopotamium, particolarmente apprezzato nell’antichità, è usato come caricatore di grano a partire dal Quattrocento, e munito successivamente di una torre di avvistamento a protezione dalle frequenti incursioni piratesche.

Il territorio di Kamarina vive una nuova fioritura a seguito della fondazione di Vittoria nel 1607. Il proliferare dei bagli, di cui la masseria sede del museo è un esempio, e la conseguente abbondanza della produzione vinicola determinano la ripresa delle attività portuali alla foce dell’Ippari con la creazione dello scalo di Scoglitti, centro di un’intensa esportazione vinicola nel Mediterraneo fino all’introduzione, nel 1893, della linea ferroviaria Siracusa-Licata.